giovedì, aprile 05, 2007

Fili in sospeso, capitolo quattordicesimo

14.

Credo che nella vita di tutti ci siano dei momenti di particolare intensità durante i quali le passioni vengono scatenate con forza e violenza, e altri momenti che si ricordano con meno precisione.

(Joseph S. Le Fanu)

"Allora." riassume Matteo. "Prima si fa la festa a casa mia, poi ci si va a cambiare e ci si ritrova a mezzanotte davanti alla chiesa."

La scarpinata notturna sul Falterona è un classico della prima metà di agosto che si ripete secondo modalità sempre uguali probabilmente fin da quando, negli anni sessanta, Castagno era un'agognata meta turistica.

Durante il pomeriggio inizia la frenetica ricerca di sacchi a pelo da parte di quelli che ne sono sprovvisti, mentre gli altri comprano la 'miscela' per il viaggio: vino, birra e un po' (un bel po') di superalcolici. La sera, verso le undici, sia il Bar che la Veranda si svuotano di tutti i ragazzi fra i quindici e i trent'anni presenti, ognuno diretto a casa propria per mettersi giubbotti più pesanti, maglie, scarpe da ginnastica, qualcuno più esaltato la tuta mimetica ricordo del servizio militare. A mezzanotte ritrovo davanti alla chiesa, distribuzione nelle automobili, ultime raccomandazioni delle mamme dei ragazzi più gioani a quelli più grandi, che cercano disperatamente di simulare una sobrietà persa già da un paio d'ore, e partenza verso la fonte del Borbotto, dove vengono lasciate le macchine e inizia la scarpinata verso la cima del Falterona prima, e quella del Monte Falco poi, visto che il secondo è fornito di un ampio boschetto riparato dove il pernottamento con i sacchi a pelo non è così problematico come sarebbe sul Falterona.

Quest'anno c'è una novità: Matteo ha organizzato una festa sulla terrazza di casa sua per festeggiare il compleanno di Gianni. Abbiamo già comprato salatini, patatine e Coca, e sono già state portate a casa di Matteo. Il whisky, la vodka e il vino sono in attesa della sera nel portabagali della Renault 5 di Carlo e Alessandro, venuti a Castagno per partecipare sia alla festa che alla scarpinata.

E' quasi l'ora di pranzo, io, Matteo, suo fratello Pietro, Carlo, Alessandro e Tommaso siamo a sedere attorno a un tavolo di granito del Bar e anche se ci rivedremo tutti quanti fra circa due ore Matteo ha dovuto per forza ripetere il programma della serata.

L'unico a rispondergli è Carlo. "Va bene." dice. "Però un si possono mica lasciare le bottiglie in macchina fino a stasera alle nove."

"Si portano a casa nel pomeriggio, quando escono i miei."

"Ci si vede qui alle due?" chiedo.

"Sì," risponde Tommaso, "almeno si fa un ventuno."

Ci alziamo tutti e Carlo, seguito da me e dal fratello, si dirige verso l'auto parcheggiata sul piazzale davanti al Bar in barba al divieto di sosta, tanto a quest'ora l'unico vigile è a casa a mangiare. Montiamo, loro davanti e io dietro, e Carlo fa manovra per rientrare sulla strada e andare verso Le Prata.

Parcheggiata davanti a casa mia c'è una Fiat Ritmo blu, targata Bologna.

"Cazzo!" esclamo.

"Toh, c'è la Giorgia." dice Alessandro, e si volta a guardarmi, con un sorrisino sarcastico sulla faccia. "E' da quando s'andò a Riccione l'anno scorso che un si rivede."

"Si sente se viene anche lei sul Falterona?" mi chiede Carlo, che intanto sta parcheggiando la Renault 5 proprio accanto alla Ritmo di Cipolla.

"Sul Falterona un viene di sicuro" gli rispondo. "Però dopo si va a sentire se viene alla festa."

Scendiamo dall'auto e mi avvio al cancello di casa.

"Ci si va ora?" chiede Alessandro.

Guardo l'orologio. Mezzogiorno e quaranta. "No" rispondo. "A quest'ora mangiano."

A Castagno gli orari sono legati ancora alla cultura contadina, pranzo a mezzogiorno e cena alle sette d'estate e alle sei d'inverno, solo i villeggianti rifiutano questa routine e continuano sui ritmi cittadini scanditi dai telegiornali delle una e delle venti. Per noi mancano ancora una ventina di minuti prima di metterci a tavola, così Carlo apre il portabagagli dell'auto, prende il pallone Tango Hot Play che tiene lì per i momenti di emergenza e cominciamo a palleggiare per la strada, tanto non passa nessuno. Dopo pochi minuti il pallone finisce nel ruscello che scende da Le Prata Alte e passa sotto la strada dove stiamo giocando.

Mentre recuperiamo il pallone si affaccia mia madre dalla finestra di cucina: "E' pronto."

Dopo pranzo decidiamo di prendere il caffè al bar, una scusa come un'altra per ritrovarci subito con gli amici, fare una partita a ventuno e poi iniziare a preparare la festa. Ci alziamo da tavola e, prima di uscire di casa, passando davanti alla finestra della cucina, mi stiro un po', allungando le braccia e inarcando la schiena, e guardo fuori nella piazzetta. Sedute sulla panchina appoggiata al bordo del ponticino ci sono due ragazze; una è Giorgia, l'altra non l'ho mai vista.

"Allora?" chiedo. "Si va?"

Usciamo. "Oh," annuncio a Carlo e Alessandro, "alla panchina c'è la Giorgia." Si è voltata verso di noi, così alzo il braccio e la saluto. Lei si volta a parlare con la ragazza, forse le spiega chi siamo, mentre noi apriamo il cancello e le raggiungiamo. Si alzano, abbracci e baci, poi Giorgia indica la ragazza. "Lei è Caroline" dice. "E' una mia amica francese..."

"Bongiur." dice Carlo sorridendo e porgendo la mano alla francesina. "Gesuì Sciarl."

"...ma parla e capisce l'italiano" finisce Giorgia.

"E vai con la prima figura di merda!", annuncio.

Ci presentiamo tutti a Caroline, che è molto alta per i suoi quindici anni, con due gambe slanciate, il collo lungo, un bel volto sorridente circondato da capelli castani tagliati corti, occhi scuri, una bella bocca carnosa e il naso all'insù, il vero nasino alla francese. Una bella ragazza, come se ne sono viste poche quassù a Castagno negli ultimi due o tre anni.

Finiti i convenevoli Alessandro chiede se vogliono venire con noi in paese. Rispondono di sì, così montiamo tutti e cinque in auto e andiamo verso il Bar, impazienti di sentire i commenti degli altri su Caroline.

Verso le cinque di pomeriggio lascio Carlo e Alessandro a casa di Matteo e torno verso casa a piedi con Giorgia e Caroline. Ho un'ottima scusa: un'amica dei miei mi ha chiesto di portare sul Falterona la figlia, Serena, una ragazzetta di tredici anni un po' troia, secondo le voci che mi sono arrivate, e devo cercare un sacco a pelo anche per lei. Recupero rapidamente da un vicino uno zaino verde comprato ad un mercatino militare, con dentro un sacco a pelo anch'esso verde che di sicuro non lascia passare il freddo, ma che altrettanto di sicuro pesa un quintale.

Porto a casa lo zaino, lo butto sul pavimento della cucina e torno fuori, dirigendomi verso la casa dei nonni di Giorgia. Giro la chiave nella toppa, apro la porta e salgo le scale che portano al primo piano della casa, dove ci sono la cucina e una camera. Altre camere sono al secondo piano, mentre al pianterreno ci sono la cantina e una grande stanza per gli attrezzi.

Busso alla porta della cucina ed entro. Ci sono soltanto Giorgia e Caroline, la prima in ginocchio su una sedia messa alla finestra che dà sulla strada, l'altra accanto a lei, che guardano fuori.

"O voi?" chiedo. "Che vi mettete a spiare dalla finestra come due vecchie?"

"Come mai qui? Non dovevi cercare il sacco a pelo?"

"Già trovato. E poi non potevo restare lontano da voi." Sorrido e allargo le braccia per abbracciarle mentre mi avvicino alla finestra.

"A proposito del sacco a pelo." mi chiede Giorgia. "Chi sarebbe questa Serena?"

Decido di fare il vago. "Una." rispondo.

"Una chi?"

"Una che è la figliola di due amici dei miei e che vuole venire in Falterona. E che fa delle pipe niente male, secondo quello che dicono."

Giorgia storge la bocca. "Che schifo."

"Dipende dai punti di vista." rispondo. "E poi lo dicono anche di te."

Giorgia si alza dalla sedia di scatto, offesa. "Ma non è vero."

"Lo so, purtroppo."

"E tu dillo che non è vero."

"Perchè? Un mi conviene, è tutta pubblicità." Ricomincio ad avvicinarmi alla finestra. Giorgia si è proprio incazzata di quello che le ho detto, che poi non è vero. In paese non dicono che fa le pipe, dicono che è un po' troia.

Ormai siamo l'uno davanti all'altra. Le stringo delicatamente le spalle con le mani e la guardo negli occhi, cercando di fare lo sguardo dolce e dispiaciuto. "Dai." le dico, scuotendola un po'. "Non è vero che dicono che fai le pipe. Scherzavo."

Giorgia mi guarda, ancora un po' incazzata. "Stronzo."

"Vai, l'è nova!" esclamo, e l'abbraccio.

Caroline è rimasta alla finestra. Ci guarda e sorride. Ricambio il sorriso e le chiedo: "Caroline, come si dice 'pipe' in francese?" Giorgia si stacca subito dall'abbraccio, e si volta verso l'amica.

"Pipe?" chiede Caroline. "Non so. Non conosco."

"Oui, pipe. Pompèn, fellaziò, bocchinì.... Come cazzo li chiamate?"

"Lascia perdere." le dice Giorgia. "E' una schifezza."

"E dai. Ma che ne sai? Come fai a saperlo?"

"Lo so e basta." mi risponde, di nuovo incazzata.

Mi sto divertendo, e continuo. "Allora tu l'hai fatte, eh?" e le punto l'indice sul viso, ridendo. Poi esagero, come sempre: "Brutta pipaiola che un tu sei altro!"

"Stronzo!" ripete, e si avvia di corsa fuori dalla cucina, verso una delle camere. Guardo verso Caroline e alzo le spalle, facendo un sorrisino di scusa. "L'ho fatta incazzare, eh?" le dico. Poi mi avvio verso la camera dove è andata Giorgia, cominciando a scusarmi: "Dai, Giorgia. Scherzavo. Un ti si pò di' nulla!"

Apro la porta della camera. Lei è a sedere sul letto dall'altra parte della stanza, e mi volta la schiena. Chiudo la porta, giro intorno al letto e mi metto a sedere accanto a lei, abbracciandola. " E poi mi dici sempre stronzo. Cambia un po'. Dimmi pezzo di merda, testa di cazzo, imbecille, finocchio... No, finocchio no." Sono riuscito a farla sorridere, allora continuo: "Oppure dimmi fava, bucaiolo, amore, ti voglio tanto bene, ti amo..." Lentamente, mentre parlo, completo l'abbraccio, mi avvicino col viso al suo, poi comincio a fare forza, neanche tanta a dire il vero, per sdraiarla sul letto.

La bacio, lei ci sta per un po', poi mi respinge.

"Ma... In cucina c'è Caroline."

"Bene," le rispondo, "così ci avverte quando arriva qualcuno."

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