giovedì, giugno 22, 2006

Sono diventato "babbo".....

Eh sì!
Sì sì sì sì!

Un mesetto fa, con Rosaria, abbiamo aderito ad un progetto di adozione a distanza. Ed oggi è arrivata la lettera col nostro pupetto.
Si chiama Fonmi (al telefono con Rosaria avevo capito Fonzie....), è nigeriano e ha nove anni.






Sono commosso..... :)

mercoledì, giugno 21, 2006

Senza titolo (e senza seguito)

Nel 1995 comprai il mio primo computer. Era un favoloso 386, che mi serviva fondamentalmente per preparare la tesi di laurea.Mentre pasticciavo la tesi mi punse vaghezza di scrivere qualcosa per me. Avevo bisogno di sputare fuori un lungo pezzo di passato, per liberarmene. E lo feci.Poi mi venne in mente un'altra storia. E iniziai anche quella. Buttai giù un soggetto, ed un primo capitolo.E basta.Quindi la storia non solo rimase senza titolo (appunto), ma anche senza seguito.Quando qualche anno fa sbucarono fuori dal nulla i blog e ne registrai uno, postai, oltre alla lunga storia che doveva restare solo mia, anche questo primo capitolo rimasto là, a chiedere un seguito.
Ma forse, bene o male, regge anche da solo, come racconto.
Qualche settimana fa ho raccontato ad Alessio (Dual) la trama di quella storia, un misto tra “Lègami” di Almodovar e “Misery” di Stephen King, e gli è piaciuta. Secondo lui dovrei farne una sceneggiatura per un fumetto, o comunque continuarla.
Mah..
Chissà…
Intanto, questo sotto è quel famoso primo ed unico capitolo di una storia che ha come titolo quello che obbligatoriamente ho dovuto mettere per salvare il file: WIP (work in progress).


1.
La morte dei suoi genitori era stata una vera fortuna. Negli ultimi anni l'aveva desiderata e immaginata in molti modi, a volte architettandone anche qualcuno, accantonando l'idea quando arrivava al punto cruciale della sua fantasia: la paura di venire preso.
Quella morte tanto attesa si era poi presentata con il volto scontato di un incidente d'auto, liberandolo da quelle due presenze asfissianti che gli ricordavano ogni momento, anche soltanto con la loro presenza, il suo fallimento: l'università non finita, il lavoro insoddisfacente, l'assenza di una relazione stabile con una donna. Un camionista ubriaco aveva dato un colpo di spugna a tutto quanto, e quel rigo scritto sulle polizze vita dei suoi genitori, "beneficiario coniuge in difetto figlio Carlo", lo aveva reso padrone di oltre trecento milioni di lire e della possibilità di realizzare il sogno che lo aveva fatto arrivare a trent'anni: il Vero Amore.
Ed ora era là, sotto casa di Claudia, che non vedeva da quattro anni, ma che avrebbe capito tutto appena lo avesse visto, dimenticando il marito e il bambino di un anno che la aspettavano nel loro appartamento.
Era una sera fredda e nebbiosa, e la strada del quartiere tranquillo dove viveva Claudia, già poco trafficata normalmente, era deserta. L'ora di cena era già passata, e con una serata come quella quasi nessuno si sarebbe avventurato fuori di casa, neanche i giovani, visto che era lunedì e i locali erano quasi tutti chiusi.
Soltanto lei, Claudia, sarebbe uscita, come tutti i lunedì sera, per andare in parrocchia alla riunione del gruppo di catechismo di cui faceva parte. E allora lui, sbucando dall'ombra nella quale si nascondeva da un'ora, l'avrebbe chiamata e lei, voltandosi e riconoscendolo, sarebbe rimasta dapprima stupita, meravigliata, poi gli avrebbe sorriso, e lui, avvicinandosi, le avrebbe fatto capire che la loro strana storia d'amore, bruscamente interrotta quattro anni prima, sarebbe ricominciata per arrivare alla felice conclusione che entrambi desideravano.
Le fantasticherie di Carlo furono interrotte dall'accendersi della luce nell'atrio del palazzo dove abitava Claudia: erano le ventuno e quaratacinque, lei aveva appena chiuso la porta di casa e si preparava a scendere le scale per uscire e andare in parrocchia. Dopo mezzo minuto Carlo vide aprirsi il portone del palazzo e, disegnata dalla luce all'interno, stagliarsi la sagoma di Claudia. Come lei fece per avviarsi all'automobile Carlo la chiamò: "Claudia!". Lei si fermò stupita e si voltò in direzione della voce. Dopo aver studiato la figura che le si stava avvicinando riconobbe che era Carlo, e gli sorrise con un misto di meraviglia e allegria. Anche lui le sorrideva felice e, appena furono vicini, la tramortì con un pugno in faccia avvicinandole contemporaneamente alla bocca e al naso un tampone impregnato di narcotico.
Claudia, che non era riuscita a gridare, si dibattè per un po' nella morsa in cui l'aveva stretta Carlo, finché il narcotico non fece effetto e perse i sensi. Carlo la trascinò con fatica verso il portabagagli aperto della sua automobile, la buttò dentro come un sacco di patate, richiuse, salì in macchina e mise in moto, sempre sorridendo felice.

Double Shot? Occos'è?

Come sicuramente nessuno di voi saprà, da sei-sette mesi, i due compagni di merende che siamo io e Alessio D’Uva collaboriamo con la Bottero Edizioni curando la grafica, il lettering e quant’altro degli albi che pubblica (no, no, gli editoriali son tutti farina del sacco di Bottero, non date la colpa a noi).

Oltre a questo, miriadi di altri progetti e progettini iniziati, da iniziare, a metà, abortiti o a buon punto girano nei nostri teschi vuoti.

Ad un certo punto, e soprattutto a causa di UNO di questi progetti, abbiamo deciso che occorreva un nome identificativo, un marchio, un logo.

DOUBLE SHOT, appunto.

Perché DOUBLE SHOT?

All’inizio avevamo pensato a D’Uva-Corti Comics, ma l’acronimo avrebbe ricordato troppo da vicino una certa Distinta Concorrenza che non vorremmo si facesse facile pubblicità sfruttando la nostra notorietà (ahahahahah….).

E allora, pensa che ti ripensa, è venuto fuori DOUBLE SHOT. Senza un motivo preciso. Ci piaceva, aveva un bel suono, si ricordava bene eccetera eccetera.

A quel punto mancava un marchio, ed abbiamo chiesto aiuto a due o tre nostre conoscenze fumettistiche: Riccardo Burchielli, Simone Guglielmini e Fabio Lai.

Fabio ci ha regalato due o tre idee, delle quali una (quella che a lui piaceva meno) ci è piaciuta subito. Ed ecco il marchio, che qualcuno avrà già visto in firma su qualche forum a me, a Alessio D’Uva (Dual) ed al terzus inter pares Stefano Visinoni (Diflot).

Stefano ci sta aiutando moltissimo con due progetti nei quali il marchio è totalmente coinvolto.

Quali?

Ancora manteniamo un po’ di riserbo (poco, eh!). Questione di qualche giorno ed appesteremo internet con informazioni, immagini, etc etc.

martedì, giugno 20, 2006

Mom's Cancer

Come usare questo blog?
Mah... in tanti modi.
Uno potrebbe essere quello di parlare di fumetti che apprezzo e che presto spero riescano a conoscere anche gli altri.
Per esempio Mom's Cancer di Brian Fies.
Brian Fies è un giornalista freelance alla cui madre è stato diagnosticato un cancro ai polmoni. Mentre lui e le sue due sorelle lottavano con gli effetti della malattia della madre e le conseguenze del suo ricovero, Brian raccontava a fumetti la sua esperienza in un blog su internet.
Fies ha utilizzato uno stile semplice e amichevole, vicino a quello dei cartoni animati, per narrare il viaggio di 4 persone (lui, sua madre e le sue due sorelle) in una malattia devastante. La storia ha tutto il dramma che ci si può aspettare quando dei figli si trovano di fronte alle improvvise necessità di un genitore, e ci mostra una madre che reagisce con calma, dignità ed una buona dose di umorismo alla malattia, anche se qualche volta è piegata dal dolore e dai dubbi.
Il racconto che ne è venuto fuori, dal titolo Mom's Cancer, inizialmente è apparso su internet anonimamente, con l’intenzione da parte dell’autore di condividere con altri l’esperienza che stava vivendo, ed ha da subito avuto un forte risalto poiché i lettori che vivevano o avevano vissuto vicende simili si sentivano sorpresi e gratificati dal realizzare che non erano soli.
Il passaparola tra le persone ha permesso a Mom's Cancer di diventare un piccolo grande caso all’interno della comunità virtuale, attirando l’attenzione anche della carta stampata, fino a vincere il principale premio statunitense di fumetti, l’Eisner Award.
La Abrams Books ha pubblicato l’edizione cartacea dell’opera, fornendogli il risalto ed il significato che merita, quasi come un tributo ad una donna coraggiosa e alla sua famiglia.
Mom's Cancer è la storia di una malattia, ma anche una storia di speranza, come Fies ricorda nel corso del libro. E’ il resoconto dignitoso e sincero di un periodo orribile nella vita di una famiglia, raccontato con semplicità, ma con incredibile eloquenza da un autore dotato sia come scrittore che come disegnatore.

domenica, giugno 18, 2006

Una volta avevo un blog.


Un paio di anni fa avevo aperto un blog su Tiscali. Aggiornato pochissimo, con un raccontino, una storia più lunga che avevo scritto anni prima a mio uso e consumo e che poi non so perchè ho voluto rendere pubblica, e poco altro.
E' talmente tanto che non lo aggiorno che non ricordo il link, e credo anche che sia stato eliminato da Tiscali.
Peccato. Non avrei dovuto mettermi a registrarne uno nuovo. La pigrizia di fare i tre "passi" per creare l'account è stata incredibile, tantevvero che questo blog doveva nascere tre settimane fa.
Il titolo deriva da una delle più belle storie di Topolino scritte e disegnate da Romano Scarpa, "Topolino e l'unghia di Kalì".
Se l'avete rileggetela, se non l'avete cercatela e leggetela. E' un capolavoro di sceneggiatura e disegno. Punto.
L'unghia di Kalì, nella storia, era, appunto, l'unghia di un idolo indiano che serviva come "puntina" da utilizzare sui giradischi con un preciso LP. Ascoltandolo usando l'unghia, il cattivo della storia, una spia, poteva recuperare dei progetti segretissimi registrati sul disco.
Magari questo blog potrà servirmi a questo.
A tirare fuori un po' più di me e di quello che faccio ma, soprattutto, vorrei e DOVREI fare.


Ah già. Chi sono io?
Un bischero.
Ma provate ad utilizzare l'unghia di Kalì.....