martedì, novembre 21, 2006

Fili in sospeso, capitolo quarto

4.

I giorni indimenticabili della vita di un uomo sono cinque o sei in tutto. Gli altri fanno volume.

(Ennio Flaiano)

"Allora, dove giro?" chiede Carlo, mentre volta lentamente il volante della Renault 5 verso sinistra, azionando contemporaneamente la freccia. Il cartello al semaforo indica di voltare a sinistra per Rimini e di continuare a diritto sull'Adriatica in direzione di Riccione. Io, Carlo e Alessandro dobbiamo andare a Riccione.

"E sai, sempre così!" esclama Alessandro. "Se si deve a andare a diritto lui gira, se bisogna girare va a diritto."

"Eeeh, che sarà. Ora si rientra sull'Adriatica, un c'è mica bisogno di farla tanto lunga." dice Carlo, cercando una indicazione per tornare indietro.

A dire il vero un po' lunga l'abbiamo fatta per arrivare fin qui. Stamattina eravamo a Firenze, pronti per la partenza, tenda e borse già nel portabagagli dell'auto, poi, a metà mattina, arrivati al campeggio di Milano Marittima, abbiamo montato la tenda con le solite difficoltà e dopo il primo bagno in mare abbiamo mangiato. Un breve abbiocco e via, di nuovo in macchina verso Riccione. Giampaolo, il cugino di Giorgia, mi ha dato l'indirizzo della pensione dove da anni lei e i suoi passano il mese di luglio, Hotel La Nidiola, ed è lì che siamo diretti.

Rientrati con l'auto sull'Adriatica arriviamo rapidamente a Riccione e un po' meno rapidamente troviamo la pensione. L'impiegato della reception ci conferma la presenza di Giorgia e famiglia, indirizzandoci verso lo stabilimento balneare convenzionato con la pensione. Arriviamo sulla spiaggia in condizioni pietose: jeans appiccicati alle gambe, t-shirt sudate e scarpe da ginnastica che si riempiono di sabbia bollente dopo pochi passi. Percorriamo le file di ombrelloni guardando a destra e a sinistra: nulla.

"Oh ragazzi!" esclama Alessandro dopo qualche minuto. "Andiamo a metterci i costumi perchè qui ci si schianta."

"C'ha ragione." aggiungo. "Tanto quell'altra se c'è si trova anche dopo."

Torniamo alla macchina e ci cambiamo all'interno dell'abitacolo. Qualche turista passa e ci guarda divincolarci nel tentativo di infilarci i costumi da bagno e nello stesso tempo di non far cadere il telo da mare che ci copre dalla pancia ai piedi, sbattendo la testa sul soffitto della Renault 5, le gambe sui sedili, i gomiti sui finestrini.

Tornati sulla spiaggia con solo i costumi, le magliette e i teli da mare, ricominciamo a cercare. Da una sedia a sdraio nella fila più vicina al bagnasciuga vedo alzarsi Cipolla. Impossibile sbagliarsi, una pancia così non può essere che la sua. Infatti è lui, Adriano Fossati detto Cipolla, padre di Giorgia, che si avvicina verso di me con la mano tesa per salutare.

"Salve", dice, il solito sguardo impassibile che non lascia trasparire alcuna emozione. Gli stringo la mano e lo saluto.

"Siete venuti a trovare Giorgia?", mi chiede.

('No, siamo venuti a trovare te che tu sei tanto bellino!') "Già", gli rispondo, mentre con la coda dell'occhio guardo verso l'ombrellone. C'è solo la madre di Giorgia, che mi saluta.

"E' andata a fare il bagno con due amiche." continua Cipolla.

Alessandro e Carlo si guardano fra di loro. Il calcolo è semplice: Io, Alessandro e Carlo, uguale tre ragazzi; Giorgia e due amiche, uguale a tre ragazze. Preciso.

"Ora si posa i teli poi si fa il bagno anche noi", dico a Cipolla. "S'è patito un caldo in macchina... Poi almeno si fa una sorpresa alla Giorgia."

Posiamo i teli sulla sabbia, ci leviamo le magliette e andiamo sul bagnasciuga, per vedere dove sono Giorgia e le sue amiche. Viste. Dopo aver memorizzato la posizione torno rapidamente al telo e mi tolgo gli occhiali, mentre gli altri due sono già entrati in acqua. Appena li raggiungo cominciamo a correre e vociare e spruzzare in direzione delle tre ragazze, che stanno giocando con un pallone di gomma.

Giorgia ci riconosce, è sorpresa e riesce soltanto a chiedere: " Siete qui in colonia? "

"Già!", le rispondo con una smorfia, "Il secchiello e la paletta si son lasciati sulla spiaggia."

Passato il primo momento di stupore ci saluta con più calore e ci presenta alle altre due ragazze: "Queste sono Paola e Cristina. Lorenzo, Carlo e Alessandro."

Paola è una ragazzina milanese di tredici anni, alta, un bel viso sorridente incorniciato da capelli castani scuri tagliati corti, un po' magra per i miei gusti. Cristina è più grande, deve avere sedici o diciassette anni, capelli di un castano rossastro, riccioluti e lunghi fino alle spalle, naso a patata, tracagnotta, faccia da maiala.

Dopo essersi presentati cominciamo a giocare con loro a pallone, cercando con successo di fare gli imbecilli, sport del quale siamo campioni: ci schizziamo, ci tiriamo la palla e la prendiamo buttandoci in acqua platealmente e rumorosamente, ritorniamo a galla spruzzando e soffiando acqua dappertutto.

Cristina, accanto ad Alessandro, va in immersione e dopo qualche secondo lui mi guarda stupito, la bocca aperta in un O di meraviglia. Cristina riemerge e le tiro il pallone, mancandola clamorosamente. Mentre si allontana per recuperare la palla, mi avvicino ad Alessandro.

"Che c'era?" gli chiedo.

"Quella là." e indica Cristina. "E' andata giù e mi mordeva le gamba."

"E' una maiala." sentenzio.

"Può essere." conferma Alessandro.

"Bene, no?" Intanto Cristina si riavvicina col pallone in mano. Comincio a ridere e torno al mio posto, accanto a Giorgia, nel cerchio che abbiamo formato. Mi avvicino, la abbraccio. "Allora, sei contenta che siamo... che sono venuto a trovarti?" Non le do il tempo di rispondere e tento di baciarla.

"C'è mio padre, ci vede."

Gli occhiali sono sul telo da mare, ma guardo lo stesso verso la spiaggia, inutilmente. Sicuramente Cipolla è sul bagnasciuga che ci controlla, le braccia conserte sulla pancia, lo sguardo sempre e comunque impassibile, ma non lo vedo.

"M'importa una sega se ci vede." Faccio scendere la mano che ho sulla spalla di Giorgia verso il seno, e indirizzo l'altra sott'acqua, fra le gambe. Si divincola e si allontana, unendosi agli altri.

'Vai, vai, poi ti ripiglio.'