martedì, dicembre 12, 2006

Fili in sospeso, capitolo quinto

5.

Era davvero orribimente romantico.

(Boris Vian)

"A mezzanotte in albergo." hanno detto i genitori di Giorgia, e noi non abbiamo insistito più di tanto per cambiare l'orario. E' stata una giornata campale, dovevamo tornare a Milano Marittima, al campeggio, alla tenda, e magari dormire anche un po'.

Cristina ha tallonato Alessandro per tutta la sera, l'ha marcato a uomo senza mollarlo un attimo, e lui si è salvato soltanto grazie a Francois, un ragazzone francese che sta nello stesso albergo di Giorgia e che si è aggiunto a noi dopo la cena. Forse non ha notato che con lui siamo in sette, e che sette è un numero dispari, abbiamo pensato, invece l'ha notato, ed è proprio per questo che si è aggregato: è cotto di Giorgia, e vuole impedirmi libertà di movimento, ma è riuscito solo a fare in modo che Cristina non sia saltata addosso ad Alessandro, che non aveva nessuna intenzione, oggi, di tornare di nuovo a Riccione.

Durante il viaggio di ritorno sull'Adriatica affollata di auto ferme e incolonnate, è cominciata un'opera di convincimento pressante.

"Perchè un tu vuoi andare con la Cristina?" ha chiesto Carlo al fratello mentre eravamo fermi in coda davanti ad un semaforo verde.

"E' brutta." ha risposto Alessandro.

"Però è maiala." sono intervenuto. "Un fare la fava, quella tu te la trombi! Mica come me, che son lì che tiro, tiro ma quell'altra un mi vol dar nulla, accident'a ogni cosa."

"C'ha ragione il biondo." ha insistito Carlo. "Quella tu te la trombi! Via! Un ti conosceva nemmeno che l'è andata sott'acqua a morderti le gambe!"

"Te pensa alla Paola, che potrebbe essere la tu' figliola." gli ha ribattuto il fratello.

"Sie, bah! La mi' figliola! Perchè c'ha tredici anni e io ce n'ho venti?"

"Figliola o no, con quella un tu ci trombi."

"E che vuol dire? Un ci son mica solo le trombate al mondo!"

"E' vero!" ho concluso "Ci sono anche le seghe."

Durante le due ore di viaggio necessarie per coprire il tragitto fra Riccione e Milano Marittima la discussione è continuata. Alessandro non poteva farcela, eravamo due contro uno, e stamani, cinque luglio 1986, giorno del mio diciottesimo compleanno, dopo esserci alzati dalla tenda, lavati e fatto colazione, siamo risaliti in auto. Verso Rimini ci siamo svegliati, era quasi ora di pranzo e ci siamo fermati in una pineta a mangiare con le mani un pollo arrosto preso in una rosticceria.

Nel pomeriggio, appena Cipolla e la moglie ci hanno visto spuntare all'orizzonte hanno iniziato a farmi gli auguri, a ricordarmi che compio diciotto anni e sono maggiorenne, a invitarmi a cena con loro e a insistere di fronte ai miei rifiuti. Alla fine l'ho spuntata, ma hanno voluto per forza farmi parlare con i miei e pagare la telefonata, poi ci siamo defilati alla ricerca di una pizzeria.

Al nostro ritorno, dopo cena, Giorgia e Paola ci stanno aspettando a sedere sul dondolo dell'albergo. C'è anche Francois.

Io e Carlo ci mettiamo a sedere sul dondolo e Alessandro su una poltrona di fronte a Francois, chiedendo speranzoso: "Cristina un c'è?"

"Adesso arriva, non essere ansioso." gli risponde Giorgia.

Durante il secondo viaggio Milano Marittima-Riccione siamo tornati sull'argomento, sempre con toni aulici e dolcestilnoviani: "Trombatela", "No", "O trombatela", "Ho detto di no", "Fatti fare una pipa, così un tu la vedi in faccia", "Eh.... quasi quasi", così, appena vediamo Cristina, io e Carlo proponiamo una passeggiata per viale Ceccarini e una puntatina sulla spiaggia, col desiderio poco mascherato di combinare qualcosa. Francois ci segue come un fedele cagnolino rompicoglioni di un metro e ottanta.

La strada è un formicaio: uomini, donne, finocchi, punk, paninari, dark, giovani, anziani, bambini, sono tutti qui, chi a farsi guardare, chi a guardare. La massa di gente non ci permette di camminare tutti e sette insieme, quindi ci incolonniamo, preparando le coppie per la successiva puntata in spiaggia: io e Giorgia, Carlo e Paola, Alessandro e Cristina e Francois.

Dopo una mezz'ora di spintoni e pestate di piedi ci dirigiamo verso la spiaggia. Fendiamo la calca e lentamente ricominciamo a respirare. Sulla spiaggia è fresco, non c'è quasi nessuno e si sta bene, anche se la sabbia entra nelle scarpe e non andrà via fino al prossimo luglio, quando ne entrerà dell'altra.

Apriamo qualche sedia a sdraio, ci sediamo e continuiamo per alcuni minuti a parlare l'uno con l'altro, escludendo lentamente Francois dalla conversazione, grazie anche al fatto che parla solo francese. Quando capisce di essere il settimo incomodo si alza, si avvicina ad alcuni pedalò in secca sulla spiaggia e ci gira attorno fino a quando i suoi movimenti perdono interesse per tutti noi.

Mi sono sdraiato già da qualche minuto, continuando a parlare con Giorgia e tenendo Alessandro e Cristina ai bordi della visione periferica, a due poltrone di distanza. Alessandro è sdraiato come me, in silenzio, lo sguardo rivolto al cielo. Cristina, seduta accanto a lui, lo guarda sognante, ormai siamo dove voleva, non può più scapparle. Non vedo Carlo, coperto dal fratello e dal buio, ma lo sento parlare con Paola.

Rapidamente perdo interesse anche in loro quattro, allungo un braccio verso la spalla di Giorgia, l'agguanto, mi alzo e a metà strada ci incontriamo, ci baciamo. Mi metto a sedere e la spingo a sdraiarsi, farfugliando fra i baci e il respiro affannato qualcosa di sicuramente romantico e convincente ma di altrettanto sicuramente incomprensibile.

Appena terminata la manovra, scendo con i baci dalla bocca al collo, sdraiandomi accanto e sopra di lei. Mentre continuo a baciare leccare e sbavarle il collo, con le mani cerco di sbottonare tutti quei cazzo di bottoni che ha sulla camicetta finchè non trovo una maglietta una canottiera una muraglia cinese di stoffa, insuperabile se non attraverso una manovra di aggiramento. Anche lei mi ha sbottonato la camicia, l'ha tirata fuori dai pantaloni e ora mi abbraccia la schiena nuda, la stringe, la graffia delicatamente con le unghie. Tento di infilare le dita sotto la stoffa della maglietta, cercando di raggiungere una posizione tale che mi permetta se non di palpare tutto un seno almeno di averne la maggior superficie possibile nella mano.

Alessandro continua a guardare le stelle, finge di addormentarsi voltandosi dalla parte opposta ai nostri armeggii. Guarda verso il fratello, che sta ancora parlando con Paola, ma intanto l'ha abbracciata, poi guarda verso i pedalò ma Francois è chino sul bagnasciuga che cerca ricci, conchiglie, o semplicemente di non far caso a quello che sta succedendo.

I sospiri i grugniti e i movimenti da una parte, il fratello abbracciato e lanciato verso il traguardo dall'altra, lo fanno riflettere sulla situazione. 'Ma sì', conclude. 'M'import'una sega. Sarà anche brutta ma, oh, ci sta anche di combinare più di quest'altri due bischeri messi insieme.'

Si volta verso Cristina, illuminata dalla luna e le sorride. Lei sorride a sua volta: le brillano gli occhi. Almeno se la luna non la illuminasse proprio in faccia.

Alessandro scuote la testa. "No, no." dice ad alta voce. "'Un ce la fo, un c'è verso." Si alza dalla sedia a sdraio e raggiunge Francois sul bagnasciuga.

Giorgia mi ha tolto la mano da sotto la maglietta. Ho la testa nell'incavo fra la sua spalla e il collo, e sono intento a baciarla e morderla, assorto come una talpa che sta scavando una galleria sottoterra, concentrato come un frate in preghiera, che quasi non mi accorgo quando mi chiede: "Ma mi vuoi bene?"

Faccio finta di nulla e continuo, ma inizia a scuotermi la spalla, ripetendo: "Ma mi vuoi bene?" e costringendomi a interrompere la mia fervente attività.

Alzo la testa rosso in viso, la guardo negli occhi, sorrido e rispondo: "Certo", aggirando l'ostacolo.

"Ma non me l'hai mai detto" insiste.

"E ora che ho detto?"

"Hai detto 'Certo'."

"E un va bene?" Lo so anch'io che non va bene, ma lei lo sa meglio di me e volta la testa verso il mare. Ricomincio a baciarla e a mordicchiarla sul collo, stavolta distrattamente. In fondo non devo dirle che la verità, niente di più semplice. A parole. Ma nei fatti...

"Grnftiamfrugphf", grugnisco.

"Eh?" Fa finta di non capire, la stronza.

"Grmpfamompmdf" ripeto.

"Come?"

Ha ragione, glielo devo dire. La guardo, è ancora rivolta verso il mare. "Ti amo."

Si volta, e ci guardiamo negli occhi.

"Allora? Non hai capito nemmeno stavolta? Ti amo."

Solo a questo punto mi abbraccia. mi spinge a sè e ci baciamo. La mano si riavvicina al bordo della maglietta, esita per un istante, poi le dita si fanno spazio lentamente.

In sottofondo le onde fanno un rumore placido e sensuale. Otto anni dopo, una commessa d'erboristeria quindicenne molto sveglia e con due tette tonde e piene come due poponi mi parlerà del 'mare in amore', situazione romantica ed erotica, con le onde che si infrangono sul bagnasciuga lasciando una densa scia di schiuma e ritirandosi con un suono lento e liquido che provoca nelle sconsiderate coppie che lo ascoltano troppo a lungo uno stato di passione irrefrenabile. E' il rumore che sentiamo stasera, il mare in amore.

Ma non c'è soltanto il mare, il rumore delle onde sul bagnasciuga e quello del sangue che mi pulsa nella testa e fra le gambe, c'è anche del movimento che percepisco nel buio, a qualche metro di distanza.

Qualcuno che si alza. "No! Sono troppo piccola!" sento dire, con tono risentito e lusingato allo stesso tempo. E' Paola.

Anche Carlo si alza dalla sedia a sdraio. "Ma guarda che io..." tenta di giustificarsi, ma non capisco il seguito della frase, perchè sto già ridendo sulla spalla di Giorgia, e anche lei ride.

Il momento è passato, il mare in amore sta già influenzando chissà chi, ma di questo me ne preoccuperò dopo, avrò anni per rimpiangerlo, ora non posso che ridere.

Dopo, tornando verso l'albergo e verso l'auto che ci riporterà per la seconda volta a Milano Marittima, le ragazze che camminano con Francois alcuni metri di fronte a noi, io e Alessandro sommergiamo Carlo di domande.

"Allora, allora?" lo incalziamo.

"Allora nulla." inizia. "S'era lì, si chiacchierava, e di qua e di là, e questo e quest'altro, insomma, m'avvicinavo e lei zitta, l'abbracciavo e zitta, l'ho stretta a me e zitta. Poi ho provato a baciarla...", pausa a effetto. "S'è incazzata....'No! Sono troppo piccola', mi fa."

"Sì sì, è vero" confermo ad Alessandro, fra le lacrime e i singhiozzi delle risate. "L'ho sentito. Ohiohi che ridere."

Continuiamo a ridere e a camminare e ogni tanto Giorgia e Paola si voltano a guardarci, meravigliate. Cristina ci ha già salutati, incazzatissima. Non la rivedremo mai più. Francois precede tutti, zitto e solitario.

'Ragazzi, che compleanno!' penso. 'Non ce ne sarà mai un altro così.'

Come odio avere ragione.

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