7.
Troie ce n'è, ma come le donne...
(proverbio toscano)
"Mamma, vo in paese!", e intanto scendo le scale, apro la porta, il cancelletto del giardino e monto sul motorino. Giorgia è già andata da oltre un'ora, e ho finito la versione di latino in fretta e furia per poter raggiungere lei e gli amici alla Veranda. Pedalo svelto per mettere in moto il Ciao nero antracite con l'adesivo di Bruce Springsteen ai tempi di Born to run attaccato sul serbatoio, e in meno di un minuto sono al Bar.
In piazza non c'è nessuno di quelli che cerco, allora parcheggio per dare un'occhiata dentro al bar. Nessuno. Torno al motorino e vado verso
Eccoli.
"Oh!" saluto, mentre fermo il motorino.
Ci sono Tommaso, Giampiero, Pietro, Tiziana, Cristina e Luana, sbracati a sedere attorno a un tavolino. Un classico primo pomeriggio castagnino in attesa di spostarsi verso i giardini pubblici per giocare a calcetto o per tirarsi addosso un po' di meline o qualche gavettone d'acqua.
Salgo le scalette, mi dirigo al tavolo e chiedo, mentre mi metto a sedere: "Un c'è
"No, ancora un s'è vista." mi risponde Tommaso.
"O se l'è venuta in paese da più di un'ora?"
"So una sega." ribatte Tommaso. "Qui un s'è vista."
"Boh, arriverà." Guardo un po' in giro, poi chiedo: "Una partitina a carte?"
"A me un mi va." mi risponde Pietro.
"Bene! Allora siamo tre. Matteo un c'è?", chiedo a Pietro.
"Mah, prima c'era, poi dev'essere andato a fare un giro in motorino..."
Per le carte niente da fare, di stare a sedere al tavolo non ho voglia, Giorgia non c'è, allora mi alzo e torno al motorino. "Sapete che?" dico al gruppo seduto. "Vò a fare una girata in motorino anch'io."
Parto e rifaccio la strada che ho fatto all'andata fino a quando arrivo al Bar, poi, invece di proseguire per Le Prata, giro a sinistra, verso i giardini pubblici: deserto e desolazione, solo un paio di vecchi seduti su una panchina all'ombra.
Supero i giardini, arrivo alla Rota e volto a destra in direzione della chiesina, ma prima di arrivarci mi fermo allo stop di fronte alla strada che va verso la fonte del Borbotto. 'E ora?'. Giro a sinistra, tornando verso
Vado in direzione del bivio in fondo al paese per Le Prata e passo davanti all'albergo. A quest'ora il bar dell'albergo è chiuso, tutti gli ospiti più anziani sono a fare il pisolino pomeridiano e nel giardino non c'è nessuno, a parte Matteo e Giorgia che pomiciano sul dondolo sotto gli alberi....
('...no ancora un s'è vista mah prima c'era poi un lo so mica se è andato a fare un giro in motorino e stamattina Matteo m'ha chiesto 'ma che stai con
"..."
Freno, la ruota posteriore lascia una traccia nera sull'asfalto e mi fermo su uno spiazzo d'erba accanto alla strada, sotto l'albergo. Le tempie mi pulsano frenetiche, di fronte a me vedo tanti pallini neri che ballano e girano vorticosamente sullo sfondo del campo da tennis, nelle orecchie sento un ronzio fastidioso e continuo. Loro sono pochi metri sopra di me, sul dondolo che va lentamente su e giù e su e giù e su e giù, la spinta rinnovata da ogni movimento, ogni spostamento di una gamba, di un braccio, del corpo, e non si sono accorti di niente, almeno credo.
I pallini cominciano a diradarsi e a girare più lentamente, il ronzio diminuisce insieme al pulsare delle tempie: il sangue sta tornando a fare il suo lavoro di routine, gli effetti fisici si smorzano ma l'incazzatura no, anzi, si sta trasformando, da irrazionale e istintiva che era, in un'incazzatura lucida, ragionata, pericolosa.
'Che faccio?' penso. 'Salgo il giardino dell'albergo, gli arrivo alle spalle e mi schiarisco la voce con flemma inglese per rendere nota la mia presenza? No, meglio di no, poi m'ìncazzo, mi conosco. Grandissima puttana troia maiala Dio vi fulmini tutt'e due e poi sputi sulle ceneri. E fulmini anche me, già che c'è, che sono così testa di cazzo'.
Il ronzio comincia di nuovo ad aumentare. 'Calma.' Rimetto in moto il Ciao e guardo la strada: a sinistra l'albergo, il dondolo, loro, e più su
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