martedì, dicembre 12, 2006

Fili in sospeso, capitolo sesto

6.

"Il tragico della vita è che tutti hanno le loro ragioni."

(Jean Renoir: "La regola del gioco")

Si è fatto buio ormai, e il rinfresco è illuminato da due potenti fari. Fa ancora caldo, e i sempre più frequenti bicchieri pieni di qualunque cosa non sia acqua non contribuiscono a far sentire la necessità di altro abbigliamento.

Dopo l'arrivo di Marco non avrei potuto sostenere per molto la conversazione con Giorgia senza diventare sgradevole. Fortunatamente sono intervenuti Gianni e Matteo riportando il dialogo su un tono più di circostanza, fino a quando il forno a legna non comincia a sfornare pizze e focacce, così mi allontano.

Da quel momento cerco di evitarla, e per riuscirci meglio ho raggiunto amici e amiche, riuniti a semicerchio su delle sedie da giardino a bracare su questo e su quest'altro ospite del rinfresco.

La festa sta lentamente arrivando alla fine. Alcune coppie ballano un valzerino scadente accompagnati dal suonatore di fisarmonica sulla terrazza, altre salutano e se ne vanno. Fra un po' andremo anche noi.a ballare al Gipsy, la discoteca di un ristorante lungo la strada del Muraglione. 'Bisognerebbe sentire se viene anche la Giorgia', penso, mentre il rumore del motore di un trattore si fa sempre più vicino.

"Dove va un trattore a quest'ora?" chiedo a Tommaso, seduto accanto a me.

"Viene qui."

Infatti il rumore è ormai arrivato dietro la casa, e dopo qualche istante sbuca sul prato un trattore con un rimorchio per il fieno, che si ferma proprio in mezzo alle tavole imbandite, dove pochi secondi prima la gente ballava. I ballerini interrotti e gli altri ospiti ridono e applaudono all'indirizzo dei due amici degli sposi alla guida del mezzo. Ridendo ci alziamo da sedere e ci avviciniamo al rimorchio, sul quale troneggia un piccolo divano a due posti.

Gli sposi si sistemano sul divanetto per essere subito sommersi e schiacciati dalla trentina di persone che montano in precario equilibrio in piedi nel mezzo del rimorchio o in bilico a sedere sui bordi, come me. Di fronte a me, in piedi, c'è Gianni, seduto sulle ginocchia c'è Tommaso, con Tiziana che si appoggia a lui per non cascare. Accanto a me, sul bordo, c'è Stefano detto Il Dolo, e dopo di lui Giorgia con la sorella della sposa e Marco.

Il trattore parte ondeggiando sugli sbalzi di terreno del prato finchè non ritorna sulla strada e si stabilizza, permettendo a noi dietro di cercare una posizione meno precaria. Caracolliamo in direzione della casa del popolo, lungo la strada che arriva da San Godenzo e circonda quasi tutto il paese.

Appena arrivato di fronte alla casa del popolo il trattore svolta a destra, in direzione del cimitero e delle ripe, il grande spiazzo a strapiombo sul bosco che è una delle classiche mete notturne di gruppi più o meno nutriti in vena di guardare le stelle cadenti e di fare due chiacchiere al buio, sdraiati sul prato, con la musica dell'autoradio che esce dal portabagli aperto della macchina.

Il trattore arranca, con il peso di trenta persone che cantano e vociano, sulla ripida salita del camposanto, prima di arrivare sul breve viottolo tutto poggi e buche il quale, girando dietro il cimitero, si allarga nelle ripe. Le ragazze cantano a squarciagola pezzi di Battisti e Cocciante, interrotte ogni tanto da inni della Fiorentina o da qualche coro di bestemmie di disapprovazione per la scelta delle canzoni.

Colgo l'istante di pausa fra la fine di un coro e l'inizio di un altro e comincio a cantare: "Passerotto..."

"...non andare viaaa.." proseguono due o tre ragazze, seguite dalle altre in un coro baglioniano coi fiocchi.

Il Dolo mi guarda meravigliato: Baglioni non ha mai fatto parte del mio bagaglio musicale. "O che sei grullo?" mi chiede.

"Te un ti preoccupare" gli rispondo.

Mi volto verso Giorgia che, appena iniziato il coro, si è rivolta alla vicina implorando: "No, questa no!", e alle altre ragazze, "Cambiate canzone". Per finire mi guarda, un po' arrabbiata e un po' lusingata. "Sei uno stronzo." mi dice.

"Stronzo? Moi?" Sgrano gli occhi, cercando di sembrare meravigliato. "Perchè?"

No, non ce la faccio, un sorrisetto maligno mi si stampa sulla faccia, rovinando la falsa espressione di meraviglia. Marco guarda Giorgia, poi si volta verso di me per un attimo. Incrociamo gli sguardi e il sorriso mi si allarga ancora di più.

****

Mia madre mi chiama. "Lorenzo!"

Appoggio sul petto il libro che sto leggendo, sdraiato sul letto dopo pranzo: La svastica sul sole, di Philip Dick. "Che c'è?"

"C'è la Giorgia."

Mi alzo dal letto, prendo un foglio ripiegato tre volte per la sua lunghezza, e lo metto alla pagina che stavo leggendo. Dal letto guardo verso il cassettone, dall'altra parte della stanza. Sul ripiano del cassettone c'è il radio-registratore, circondato da decine di cassette: Bruce Springsteen, Led Zeppelin, Eric Clapton, Jimi Hendrix, Pink Floyd, e una con l'etichetta gialla e verde, che fa parte di una raccolta di cantautori italiani comprata dai miei per corrispondenza. Su un lato c'è Claudio Baglioni, sull'altro Cocciante, roba da urlo, ma ora va messa per forza.

Si apre la porta: è lei. "Ciao." Guarda verso il radio-registratore, ascolta per un attimo, fa una smorfia e mi chiede: "Cos'è questa roba?"

"Deep Purple," rispondo sconsolato, ma intanto ha già tolto la cassetta e ha messo quella di Baglioni.

Per fare questo mi volta le spalle, e la guardo: oggi ha un paio di jeans cortissimi e molto attillati, così da modellarle alla perfezione il fondoschiena e mostrarne la parte che si unisce alle gambe, e una camicia arrotolata e annodata sopra l'ombelico. Vestita così può mettere Baglioni, Cocciante, il Quartetto Cetra, non me ne importa una sega.

E' tornata due giorni fa dal mare, e abbiamo già risolto la discussione che c'è stata la mattina che sono andato via da Riccione con Carlo e Alessandro, una decina di giorni prima. La sera precedente tutto bene: la spiaggia, la poltrona a sdraio e il mare in amore. La mattina, dopo che per l'ennesima volta abbiamo fatto la strada Milano Marittima-Riccione, questa volta con la tenda e le borse nel portabagagli dell'auto pronti per il ritorno a Firenze, tutto era cambiato.

Giorgia ha parlato poco e niente sia sulla spiaggia, quando ci siamo fatti alcune foto con lei, Paola e Francois per documentare la spedizione, sia dopo pranzo, e al momento di partire mi ha detto che non voleva più vedermi, che la sera precedente era stata la sera precedente e basta, che non mi facessi delle illusioni e non le rompessi più i coglioni. Sono rimasto per tutto il viaggio in auto a chiedermi che cazzo avevo fatto, che cazzo avevo detto, che cazzo era successo durante la notte, con un nodo alla gola grosso come una pallina da tennis, e intanto chiacchieravo con Carlo e Alessandro del più e del meno, evitando accuratamente di portare il discorso sui due giorni appena passati.

Il giorno dopo le ho scritto una lettera di quelle compromettenti, serie, che le è arrivata all'albergo proprio qualche ora prima di partire per venire a Castagno: che culo che ha certa gente! Così la sera del suo arrivo mi ha spiegato tutto: non mi aveva creduto quando le avevo detto che l'amavo sulla spiaggia, pensava che una volta arrivati quassù l'avrei trattata come una cosa di mia proprietà, e allora aveva preferito trattarmi male per non star male dopo. Mavaffanculo!

E ora, eccola là, al cassettone, fa partire la cassetta, alcuni secondi di silenzio e poi la voce fioca e deprimente di Baglioni comincia a gorgogliare "Passerotto non andare viaaa..."

'Madonna che palle lui e il passerotto!' penso di nuovo, mentre Giorgia si avvicina. Appena arriva a portata di mano ripeto la manovra provata sulla spiaggia a Riccione e la sdraio sul letto. Vai vai, Baglioni, canta.

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