giovedì, agosto 16, 2007

Fili in sospeso, epilogo

21 luglio 1994

La vita non ha trame, sottotrame e svolgimenti. E' solo una grossa raccolta di finali sfilacciati e fili in sospeso che non vengono spiegati mai.

(Grant Morrison)

Dò la scusa al caldo del fatto che oggi non sono riuscito a combinare nulla: qualche appunto per la tesi, qualche pagina letta qua e là, ma niente di concreto.

Nel pomeriggio, stanco di cincischiare fra le fotocopie, ho aperto il cassetto della scrivania e ci ho rovistato dentro. Fotografie, cartoline, libri di storia, sociologia e dottrine politiche sui quali ho passato mesi a preparare esami, poi, quasi sul fondo, dentro una busta di plastica trasparente, le lettere di Giorgia. Non tutte, solo le ultime, quelle dell' '88. Le altre le ho buttate strappate bruciate chissà quanto tempo fa.

Ho preso le lettere e ho cominciato a leggerle, seduto in mutande sul pavimento. Nella busta, insieme alle lettere, un dépliant dell' Hotel La Nidiola a Riccione, delle foto fatte sulla spiaggia insieme a lei, l'indirizzo di Caroline scritto su un pezzo di carta strappato da un giornale.

Adesso, dopo cena, sono in terrazza, appoggiato alla balaustra, con in mano un bicchiere di spumante. Guardo le case dall'altra parte della strada, il viale alla mia sinistra illuminato dai lampioni, e, sullo sfondo, lontane, le luci del centro di Firenze. Se fosse giorno vedrei anche il campanile di Giotto e il Cupolone.

Alzo il bicchiere verso l'alto per qualche secondo, brindo in direzione di un vuoto che non è mai stato così pieno, e bevo lo spumante tutto d'un fiato.

Se questa storia avesse una fine, questa potrebbe andare bene.





Firenze, 10 novembre 1994 - 27 settembre 1995

Lastra a Signa, aprile - settembre 1999

Fili in sospeso, capitolo diciassettesimo

17.

"Se Dio mi voleva in pace, ci avrebbe pensato lui."

(Chris Penn: "Fratelli")

Marco è ancora al flipper, gli altri bestemmiano da più di un'ora giocando a ventuno, e ancora nessuno si è avvicinato al tavolo vicino al muro della casa del popolo dove ci siamo seduti io e Giorgia. Il mio accenno a Caroline l'ha turbata, così cerco di sminuire il suo commento, scherzandoci sopra. "Sì, vabbè, sono stato un po' figlio di puttana, ma addirittura i tre giorni più brutti della tua vita, mi sembra esagerato...."

"Comunque," mi dice Giorgia cambiando discorso, " so che si è fidanzata. Però non con il camionista."

Il camionista? Cerco di fare mente locale, poi ricordo: Caroline, così dolce e sensibile, così "francese", era innamorata di un camionista di vent'anni, me ne parlò anche in una delle sue lettere. Le donne, valle a capire.

"E poi cosa c'entri tu? Non è certo colpa tua." continua.

Mi trovo spiazzato. "Cosa?"

"Di quei tre giorni." Giorgia comincia a riprendersi dal breve turbamento di prima.

"In che senso?" le chiedo, anche se un barlume di comprensione comincia ad illuminarmi.

"Nel senso che non sono stati i giorni più brutti della mia vita per colpa tua. Non te ne prendere il merito." Mentre parla il suo sguardo si abbassa da me al tavolo di plastica bianca.

"Sì, e Gesù Cristo è morto di sonno." rispondo.

"Come?"

"Nulla, lascia perdere." Poi continuo: "Diciamo allora che a quell'epoca avevo una visione un po' ristretta dei rapporti fra persone, e che nella mia mente pensavo che provandoci con Caroline tu avresti sofferto, così mi sarei vendicato di quando sei andata con Matteo."

"Ancora con quella storia." sbuffa. "Ma ora sono cambiata. Ho capito i miei errori."

"Già, lo so." le ghigno, sarcastico. "Ora sei diventata una ragazza seria..."

"Infatti. Poi tu da me volevi soltanto una cosa...."

"No!" la interrompo. "Volevo ANCHE quella cosa, è diverso."

"...invece Marco mi rispetta." termina Giorgia, arrossendo all'istante.

Realizzo dopo un attimo il significato della frase. 'Naaaa,' penso, 'non è possibile. Ha ventitre anni. Stanno insieme da più di cinque anni....' La guardo, il rossore sta scomparendo, ma è ancora imbarazzata.

Rimango muto per un attimo. Devo cambiare discorso. "Pensavo.... Quei quaderni che usavi come diari...."

"Cosa?"

"Ce li hai ancora?"

"Sì, certo... Ogni tanto li prendo, li rileggo..."

"Sarei curioso. Mi piacerebbe leggerli... Leggere cosa scrivevi, come sentivi, come vivevi quello che ci... che ti succedeva..." Mi fermo per un attimo. "Dobbiamo restare in contatto. La prossima volta che ci vediamo, se vengo io a Bologna, se vieni te quassù, mi farebbe piacere..."

"Volentieri." mi dice. Sembra quasi contenta della mia richiesta.

"C'è scritto proprio tutto?"

"Tutto."

"Anche quando sono venuto a Bologna in treno, con Carlo, Matteo, Tommaso..."

"Che ho fatto?" dice Tommaso, in piedi sulla porta dietro di me, con un bicchiere di birra in mano.

"No, nulla." gli rispondo, girandomi verso di lui. "Si diceva di quando s'andò a Bologna in treno."

"Ah. Me lo ricordo." Dietro a Tommaso, che blocca l'uscita, spunta Marco. Tommaso si sposta e Marco esce, per mettersi a sedere di fronte a noi.

"Fra poco andiamo." annuncia a Giorgia. Lei annuisce.

"E la partita com'è finita?" chiedo a Tommaso.

"S'è vinto io e Matteo. Pennellino tirava dei moccoli..." Si sposta dalla porta e, appoggiata una sedia al muro, accanto a me, si mette a sedere.

Come se fosse stato chiamato Gianni spunta fuori dal bar, anche lui con una birra in mano. Lo guardo e sorrido. "Che hai perso?" gli chiedo.

"Camadò, un m'è entrato nemmeno una carta"

"Eeh, che tu ci vuoi fare...", comincio, interrotto dalla mano di Giorgia che mi stringe il braccio. Lascio perdere la discussione e mi volto verso di lei.

"Noi andiamo" mi dice.

"Digià?" le chiedo.

"Dobbiamo passare a salutare Carlo e Cristina." mi risponde Marco. "Poi a casa di suo nonno..."

"E tornare a Bologna." conclude Giorgia.

Come passa il tempo: mi sembrano pochi minuti che l'ho rivista e la sto già salutando.

Le chiacchiere sono state interrotte per permettere di scambiarsi i saluti. Marco si alza dalla sedia e porge la mano verso Tommaso, poi a Gianni e a Matteo. Io bacio Giorgia sulle guance. "Scrivimi qualche volta." le dico.

"Scrivimi tu." mi risponde. "Così mi dici come hai passato mercoledì prossimo." Mi fa un sorrisino complice.

Mercoledì prossimo. Dieci anni che la conosco. "Te lo posso dire anche subito.", le dico, "Prendo un bicchiere di spumante, vado in terrazza e brindo."

"Sarebbe bello, ma non lo farai."

"Vuoi scommettere?"

Marco si avvicina, la mano tesa. Mi volto e gliela stringo, sorridendo. "Tornate qualche volta quassù."

"Dipende da lei." risponde, indicando con la testa verso Giorgia, ancora accanto a me.

"A Natale sicuramente." mi dice.

"Allora ci vediamo."

"Già. Ci vediamo."

Ancora qualche altro ciao buttato a questo e a quell'altro, poi si incamminano verso l'auto, scomparendo al di là dei cespugli che dividono la Veranda dalla strada.

"E di nuovo punto e a capo."

"Come?" mi chiede Matteo.

"No, nulla, pensavo." rispondo distratto. Cammino in direzione del tavolo dove tutti sono tornati a sedere.

"E a che pensavi?" insiste Matteo.

"Cazzi miei. Che si fa stasera?"

lunedì, agosto 13, 2007

Ricorda....

Lettore assiduo o arrivato casualmente su questo blog, ricorda:

lunedì, agosto 06, 2007

Fili in sospeso, capitolo sedicesimo

16.

"Quando incomincio a comportarmi come un cretino, niente al mondo può trattenermi."

(Orson Welles: "La signora di Shangai")

"Giorgiaaa!"

Niente.

Riprovo: "Giorgiaaa!" Sento aprire una finestra su al secondo piano dell'abitazione, poi si aprono le persiane e si affaccia Caroline.

"Adesso scendiamo." mi dice, poi chiude di nuovo persiane e finestra.

Sono quasi le nove di sera e mi trovo nel cortiletto interno sul quale si affaccia il retro della casa dei nonni di Giorgia.

La scarpinata sul Falterona e il conseguente sonno arretrato sono già stati archiviati con una dormita di un paio d'ore durante il pomeriggio, Serena è stata portata a casa dalla madre, Carlo e Alessandro sono tornati a Firenze e ora devo soltanto aspettare che Caroline e Giorgia scendano da casa per cominciare a ronzare intorno alla francesina. Non ho molto tempo, fra due giorni vanno via e sicuramente non rivedrò mai più Caroline, quindi tutto deve essere rapido.

La porta si apre ed escono.

"Buonasera mie belle signorine." dico, esibendomi in un inchino esagerato, come Arlecchino servitore di due padroni, con la gamba sinistra allungata dietro, la destra appena piegata e il braccio sinistro alzato sopra la testa con la mano che svolazza creando cerchi immaginari nell'aria.

Giorgia ha una maglia scollata nera e pantaloni, neri anche questi, in vita tiene legato un maglione bianco, di cotone. Caroline ha una gonna pantalone, una maglia con sopra dei ghirigori strani e colorati, roba francese di sicuro, e un giubbotto di jeans. Scendono dal marciapiede ed io mi metto in mezzo a loro, abbracciandole in vita. Ci incamminiamo verso il Borgo, chiacchierando della notte passata nel bosco.

"Ti sei divertito?" mi chiede Giorgia.

"Hm....ssì." le rispondo, un po' dubbioso. "Insomma, abbastanza. C'è stato qualcosa di buffo, però non è che ne avessi tutta quella voglia, di andare su." Le guardo tutte e due, prima Giorgia poi Caroline, e continuo. "Ormai era tutto fissato, e doveva venire anche quella rompicoglioni della Serena, se no un c'andavo mica più."

"Perchè?"

"Così. M'era passata la voglia." Guardo Giorgia con uno sguardo eloquente, sottolineato da un sorrisetto malizioso.

Giorgia cambia discorso e mi chiede: "Cosa facciamo stasera?"

"Boh! Unn ho voglia di muovermi tanto stasera, son tutto stronco. Si potrebbe andare alla chiesina." Poi decido di rovinare tutto. "Oppure potremmo andare all'albergo." propongo, e guardo Giorgia con occhi cattivi. "Sul dondolo, eh? Che te ne pare? Può essere un'idea."

Giorgia si ammutolisce e fissa la strada davanti a noi.

Mi volto verso Caroline. "Te dove preferiresti andare?"

"Non so" si schermisce. Ha capito che quello che ho detto ha ferito Giorgia. "Non conosco... i luoghi."

"Vabbè" le dico, sorridendo. "Decideremo tutti insieme, dopo."

Il popolo, o almeno una sua parte, ha deciso: chiesina. Alcuni sono ancora stanchi, così il gruppetto di gente che attacca la salita che porta prima in Piazza della Rota e poi alla chiesina non è nutrito come sempre. Oltre a me, Giorgia e Caroline, ci sono Gianni, Giampiero e Luana, Tiziana e Laura, Antonio e Tommaso.

Arrivati alla meta Giampiero si allontana in direzione dell'unico lampione che illumina strada e chiesina, gli tira un calcio poco sopra la base e lo spegne. Per una decina di minuti ci sarà un po' di buio, poi qualcuno gli darà un'altra pedata.

Saliamo i gradini che portano al portico della chiesa e ognuno sceglie il proprio posto sul muricciolo. I più ambiti sono quelli accanto alle colonne, dove è possibile appoggiare la schiena, e di solito ci sono le corse per accaparrarseli, ma stasera siamo talmente pochi che alcuni rimangono vuoti. Io e Caroline ci sediamo sui gradini della porta della chiesa, vicini a dove si sono sistemati Giampiero e Luana. Giorgia si mette accanto a me, in silenzio. Gli altri sono distribuiti fra le colonne della parte destra del portico, quella che dà verso la strada. La parte sinistra, che fa da confine al giardino di una villetta e che di notte resta al buio anche con il lampione acceso, e per questo è particolarmente ricercata da coppie in vena di effusioni, è rimasta vuota.

"Allora, si fa un giochino?" propone Tiziana.

"Vai, rieccoci coi giochini." sbuffa Tommaso.

"Oh!" dice Giampiero nell'oscurità, per attirare l'attenzione. "L'estate è quasi finita. Si fa il gioco della verità, almeno si scopre gli altarini di quest'anno."

"Va bene," gli rispondo, "però ti si sputtana anche te, hai capito?"

" Hm... M'importa una sega, tanto chissà che ci sarà da sapere. Si comincia?"

"Oh, la verità mi raccomando. Chi comincia?"

"Quello che risponde alla domanda, fa la domanda successiva." dice Tiziana. "Comincia te, Tommaso."

"Allora.... Luana... C'è una cosa che un ci riesce di capire: come t'hai fatto a metterti con Giampiero?"

"Così... E' simpatico, poi ha insistito tanto.."

"E poi sono il pezzo meglio." dice Giampiero gongolando.

"Sì, di merda." interviene Gianni, appoggiato al muro della chiesina, con le gambe distese sul muricciolo che arrivano fino alla prima colonna.

Luana: "Zitti. Ora sta a me." Pausa di riflessione. "Antonio... Ti piace la Francesca?"

"Via! Lei un c'è." risponde imbarazzatissimo.

"Che c'entra?" gli dico. "Te tu ci sei, la domanda l'ha fatta a te."

Antonio, titubante, risponde: "Sì, mi garbava, ma c'ha già il ragazzo." Poi, senza neanche pensarci: "Lorenzo."

"Vai, lo sapevo."

"Chi ti piaceva quest'anno?"

"Tutte, come sempre. E come sempre unn ho raccattato nulla." Guardo Giorgia e continuo: "A parte la solita zuppa. Come sempre."

Il lampione si sta lentamente riaccendendo, e vedo il viso di Giorgia che si fa teso, gli occhi che lanciano frecce incendiarie verso di me.

"Ora tocca a me." dico. Faccio finta di pensare per qualche secondo, poi sparo la bomba: "Giorgia, ascolta. Ho sentito dire che tu fai le pipe, che è vero?"

Giorgia si alza dal gradino di scatto e va verso il lato sinistro del portico, si mette a sedere sul muretto con le gambe penzoloni nel giardino della villetta, la schiena rivolta verso di noi.

"Allora." insisto. "Rispondi."

"Via!" mi dice Luana. "Smettila di fare lo stronzo."

Guardo nella sua direzione e le rispondo, a bassa voce: "Ho appena cominciato." Sto per dare il colpo finale, essere figlio di puttana fino in fondo e chiederle se posso avere una risposta da lei o devo andare da Matteo, quando Caroline, rimasta accanto a me, mi stringe il braccio destro con la mano. Mi volto verso di lei. "Basta." mi dice. "E' arrabbiata." Ha ragione, meglio smettere.

Per distrarre l'attenzione dal silenzio imbarazzante che ho creato, Tommaso si alza. "Vò a spengere il lampione." dice, e attraversa il portico in direzione dei gradini.

"Lascia fare." gli risponde Giampiero. "Un po' di luce ci vuole." Allora torna a sedere, sbuffando. Un istante di silenzio scende sotto il portico a congelare l'atmosfera tesa, poi ognuno comincia a parlare col vicino, tranne Giorgia e Gianni, soli ai lati opposti della chiesina, una a fissare il giardino buio della villetta, l'altro a guardare la strada illuminata dal lampione.

Caroline mi guarda stupita. Questo sviluppo improvviso l'ha turbata. "Perchè sei stato... così cattivo?" mi chiede.

Bella domanda. Ci penso un attimo, poi rispondo: "Perchè lei è stata cattiva con me." 'Bravo,' penso, 'scarica la responsabilità su di lei. Bel figliol di troia che sono.'

Giampiero mi chiama: "Biondo!", interrompendo il corso dei miei pensieri. "Biondo!", ripete.

"Che c'è?"

Indica con la testa in direzione di Giorgia. "Vai a consolarla." mi dice a bassa voce.

"Io? M'import'una sega." Sottolineo le mie parole indirizzando gli occhi su Caroline. Poi guardo oltre Giampiero, verso Gianni. "Mandiamoci lui." gli dico.

"Chi? Pennellino?"

"Già. Mi ricordo che alla Giorgia piaceva. Anzi, secondo quello che m'ha raccontato, quando s'andò a conoscerla era proprio persa per Gianni."

Giampiero si volta e lo chiama: "Gianni!"

"Oh!"

"Vai dalla Giorgia."

"Mandaci il biondo."

"No no!" gli rispondo. "Vai te, un ti preoccupare."

"Ma..."

Giampiero si alza, si avvicina a Gianni e gli mette una mano sulla spalla. "Ascolta." gli sussurra ad un orecchio. "Che ci vai da solo o ti ci devo portare a calci in culo?"

Pennellino si alza, toglie la mano di Giampiero dalla spalla e si incammina verso Giorgia. Quando arriva da lei si abbassa e le dice qualcosa nell'orecchio. Giorgia si sposta e Gianni si siede accanto a lei. Perdo interesse e ricomincio a parlare con Caroline.

Dopo qualche minuto Caroline, che per parlare con me deve guardare in direzione di Giorgia e Gianni, ai quali do le spalle, sgrana gli occhi improvvisamente. Sta guardando dietro di me, stupita, così mi volto. Gianni ha abbracciato Giorgia, e la sta baciando.

"Mais, mais..." balbetta Caroline, gli occhi spalancati. Sospiro sconsolato, scuotendo la testa. Giorgia appoggia la testa sulla spalla sinistra di Gianni. Mi volto di nuovo verso Caroline e la guardo abbacchiato, come un cucciolo abbandonato. "Speravo che questa fosse la volta buona, invece.... E' sempre la stessa..."

'Vai biondo!' penso. 'E' fatta!'

E invece non è fatta per nulla. Nonostante l'esca sia quella giusta non succede niente fra me e Caroline, e la colpa è mia. Senza neanche rendermene conto comincio a parlare di Giorgia, da quando l'ho conosciuta ad ora, e di quante volte le abbia detto che l'amo e delle altrettante volte che lei mi ha risposto di non crederci... A questo punto l'esca è stata vista e mangiata, ma il pesce si è sfilato dall'amo senza restarci agganciato. L'unico risultato che ho ottenuto è stato quello di far andare Giorgia con Gianni. Sono veramente un genio.

In un lampo sono quasi le undici e mezzo e per loro scatta il coprifuoco, così io e Gianni le accompagnamo a casa. Stiamo camminando quasi in fila indiana, con Giorgia davanti in silenzio, Gianni dietro di lei, mani in tasca e spalle ingobbite, e per ultimi io e Caroline.

Questo silenzio mi imbarazza, soltanto noi che camminiamo, tutti e quattro con le scarpe da ginnastica, così che non c'è neanche il rumore dei passi a farci compagnia. 'Devo dire qualcosa.' penso. 'Qualcosa di cattivo, di... di gratuito, ecco.'

Guardo la schiena di Gianni davanti a me. "Allora, Pennellino, t'è piaciuta?"

"Che?" mi chiede, senza voltarsi.

"La pomiciata, che domande! Che te la ricordi la pubblicità dell'aranciata?" Faccio una pausa e comincio a canticchiare il jingle della San Pellegrino: "E', la prima volta che, tu offri un'aranciata..."

Giorgia si volta di scatto. Sta piangendo, e tutti ci fermiamo a guardarla. "Stronzo!" mi urla. Poi comincia a correre verso casa.

Gianni e Caroline mi guardano in silenzio. Mi stringo nelle spalle e cerco di sorridere. "Avrà le mestruazioni." dico, e ricomincio a camminare.